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OPEN SPACE: SONO DAVVERO UTILI?

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OPEN SPACE: INTRODUZIONE

Percepito da tutti come la vera e propria rivoluzione del mondo del lavoro, l’open space è stato in grado in questi ultimi anni di diffondersi nella maggior parte delle strutture organizzative aziendali.

Infatti, la maggior parte delle moderne aziende non forniscono più ai propri dipendenti dei cubicoli scialbi e senz’anima bensì li lasciano pascolare liberamente tra i meandri dell’open space, all’insegna della maggiore cooperazione e condivisione di idee tra i dipendenti.

Purtroppo, si sta scoprendo che tutto ciò è solo un sogno o, al massimo, che i vantaggi di questi grandi spazi di aggregazione di dipendenti, in realtà, sono stati decisamente sopravvalutati.

Nati per stimolare la condivisione di idee, l’aiuto tra colleghi, le relazioni interpersonali e per abbattere i costi aziendali, gli uffici open-space si stanno sempre più rivelando come spazi infernali, dove il caos regna sovrano. E sono ormai in tanti a rimpiangere il caro vecchio ufficio da condividere al massimo con un collega e dotato di porta chiudibile. 

Ma i numeri sono implacabili. In Usa il 70% degli uffici, secondo i dati dell’International Facility Management Association, si sviluppano in un unico spazio aperto, privo di divisioni. E anche le aziende più innovative sono grandi fautrici dell’open space. Basti pensare al più grande ufficio open space al mondo, in grado di ospitare quasi 3.000 ingegneri, commissionato dal Ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, all’archistar Frank Gehry.

E dunque c’è già chi fa un passo indietro e parla di Hybrid Office, una via di mezzo tra uffici vecchio stile e open space, con pannelli, separé e stanzine vetrate per avere un po’ di privacy. Esempio ne è il progetto dell’architetto americano Edward Ogosta, secondo classificato al concorso Workplace of the Future 2.0.

Sono diversi gli studi che cercano di darsi una risposta sull’argomento, andiamo ad approfondirli insieme!

HARVARD BUSINESS SCHOOL REPORT

Le aziende si sono rese conto che stipare i dipendenti in un unico stanzone poteva far risparmiare parecchio spazio (e denaro). In realtà, questi uffici open space a cui oggi i lavoratori sono condannati sono disfunzionali: oltre al maggior rumore e a una minor possibilità di concentrarsi, è messa in discussione pure la collaborazione.

Un nuovo studio della Harvard Business School ha dimostrato che gli spazi open office diminuiscono significativamente il volume dell’interazione faccia a faccia di circa il 70%. L’interazione virtuale, via e-mail e instant Messenger, è maggiore invece in questi casi, dunque:

<<Piuttosto che aumentare le conversazioni faccia a faccia e promuovere la collaborazione gli spazi aperti sembrano innescare una strana reazione umana, una sorta di rifiuto delle interazioni sociali.>>

Secondo i dati emersi dallo studio i dipendenti sono quasi intimoriti dagli open space a lavoro, tanto da non sentirsi a proprio agio nel parlare ad alta voce all’interno di essi, perché hanno paura di distrarre i propri colleghi. Per questo motivo molti restano incollati alla proprie postazioni di lavoro e ricorrono alle chat online per comunicare.

Una lamentela frequente di chi lavora all’interno di un open space è quella relativa alla mancanza di privacy. I dipendenti in questi casi non dispongono di veri e propri spazi privati, né per lavorare per conto proprio né per concedersi qualche momento di pausa. Molti quelli che si trovano a disagio nel fare o ricevere chiamare personali.

Un lavoratore su tre si distrae spesso all’interno degli uffici open space, mentre uno su sei ha affermato che ostacolano anche la creatività.

Un altro elemento interessante è quello relativo all’abbassamento della produttività. Infatti, circa il 31% dei dipendenti che lavorano all’interno degli open space non è in grado di esprimere la propria opinione quando viene chiesto loro un parere a lavoro.

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AUCKLAND UNIVERSITY OF TECHNOLOGY REPORT

Invece un nuovo rapporto condotto dalla Auckland University of Technology dichiara che chi lavora in uffici open space tende ad essere più ostile e riservato rispetto a chi ha a disposizione una stanza singola tutta per sé.

Inoltre, i dipendenti che si trovano costretti a condividere il loro ufficio con più di due persone tendono a mostrare segni di diffidenza, hanno poca propensione a stringere amicizia con i colleghi e sono in generale meno collaborativi e più individualisti.

Tutto ciò deriva dal fatto che oggi la stragrande maggioranza degli uffici  è effettivamente open space, una moda-mania dilagata negli Stati Uniti a partire dagli anni Sessanta e ancora in auge, sostenuta dall’idea che questo tipo di architettura predisponga a un maggior dialogo tra i dipendenti, portando dunque a una migliore produttività.

CORNELL UNIVERSITY REPORT

Un interessante studio della Cornell University, invece, pone l’attenzione sull’influenza che il lavoro negli uffici open space ha sulla produttività dei dipendenti.

E’ vero, gli open space consentono un ottimizzazione degli spazi, sono una soluzione, come sottolineato Michael Bloomberg, per ‘ promuovere equità e trasparenza’. Insomma, permettono a capi e dirigenti di tenere sott’occhio i dipendenti, controllandone le attività, lavorative e non.

Ma sono proprio le prestazioni lavorative ad essere nettamente peggiorate negli anni. Infatti secondo questo recente studio, il rumore è uno degli aspetti più ‘denunciati’ da parte dei lavoratori e, sempre secondo i dati, il livello sonoro degli open space riduce la produttività del 66%.

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JOURNAL OF ENVIRONMENTAL PSYCHOLOGY REPORT

Anche un altro studio pubblicato nel 2013 sul Journal of Environmental Psychology, conferma la situazione: molti degli intervistati ritiene di sentirsi frustrato dalle distrazioni continue e di aver peggiorato le proprie performance lavorative, la metà del campione riferisce che la mancanza di privacy è un grande problema e il 30% lamenta la mancanza di privacy.

Senza contare altri due aspetti fondamentali. Il primo, la più facile diffusione, in un ambiente aperto, di virus e batteri, che si traduce in una maggiore probabilità, per i lavoratori, di ammalarsi, e di assentarsi quindi dal lavoro. In secondo luogo, il mancato rispetto della personalità del dipendente. Ovvero, non tutti sono fatti per lavorare in uno spazio condiviso.

Le cosiddette ‘highly sensitive person‘ (HSP), termine coniato dalla psicologa Elaine Aron per descrivere tutte quelle persone (il 20% della popolazione) che sono fortemente influenzate da ciò che le circonda e il cui rendimento dipende molto dagli agenti esterni, sono fortemente danneggiate dalla ‘costrizione’ di lavorare in uno spazio aperto e confusionario. Come sottolinea Lynn Stuart Parramore gli open space decretano la ‘morte’ delle HSP.

Con un danno evidente anche per le aziende. Perché, come evidenzia Parramore, le ‘persone sensibili’ sono quelle che, se messe nelle giuste condizioni, riescono ad essere più creative e produttive di un dipendente medio, ma a patto che non vengano disturbate o sottoposte a stress emotivi.

WORKSHIFT: THE DEATH OF DOLLY, DILBERT AND DOCTOR NO

Anche la dottoressa Nicola J. Millard, che combina psicologia e futurologia, crede che gli uffici open space siano inefficienti. Nel suo white paper Workshift: The Death of Dolly, Dilbert and Doctor No, la Millard sostiene che il nostro lavoro in ufficio è costantemente disturbato (ogni tre minuti per essere precisi) soprattutto a causa della conformazione degli spazi aziendali.

Gli uffici open space sono un modello adatto a tutti che non si adatta a nessuno”, ha spiegato la Millard in una recente conferenza al New Scientist Live. “Siamo interrotti ogni tre minuti e ci vogliono da otto a venti minuti per tornare alla concentrazione perduta. E poi ci sono le e-mail: ne riceviamo decisamente troppe. E poi riunioni, colleghi, tutto fonte di distrazione”.

WORKPLACE SURVEY 2016

Come conseguenza del maggior caos percepito negli uffici open space, il Workplace Survey 2016 di Gensler ha rilevato che il 67% della forza lavoro del Regno Unito si sente esausta alla fine di ogni giornata lavorativa a causa del proprio ambiente d’ufficio.

Inoltre, gli uffici mal progettati stanno soffocando l’innovazione nelle aziende: sebbene oltre otto milioni di impiegati nel Regno Unito lavorino in ambienti open space, molti di questi non offrono varietà o scelte, né sono realizzati tenendo conto di mansioni e attività specifiche.

Gli spazi per ufficio chiusi non sono un nemico da combattere“, ha dichiarato Philip Tidd a Gensler. “Passare a un open plan semplicistico potrebbe non essere l’opzione più efficace negli ambienti di lavoro iperconnessi di oggi”.

BBC REPORT

Inoltre, un rapporto della BBC di gennaio 2017 ha rilevato inoltre che i dipendenti che lavorano in uffici open space sono meno produttivi del 15% rispetto a quelli che lavorano in uffici singoli e hanno il doppio di probabilità di ammalarsi, data la più facile diffusione di agenti patogeni tra i lavoratori in un open space, con conseguente aumento dei tassi di assenteismo.

Parlando con la BBC, Sally Augustin, psicologa dell’ambiente e del design presso Design with Science in Illinois, afferma che, sebbene sia possibile lavorare in luoghi affollati, diamo il meglio quando riusciamo a concentrarci totalmente: “È un peccato sprecare capacità non offrendo alle persone un luogo in grado di favorire il loro lavoro”.

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STEGMEIER CONSULTING GROUP REPORT

Infine, anche la Stegmeier Consulting Group, in uno studio teso a sondare lo stato degli uffici open-space, ha raccolto le diverse lamentele arrivate dai lavorati da loro intervistati. Ecco cosa ne è venuto fuori:

  • il 33% degli intervistati si è lamentato delle continue distrazioni sonore;
  • il 25% ha denunciato la completa mancanza della cosiddetta “audible privacy” (intendendo l’impossibilità di fare o ricevere telefonate, senza essere ascoltati dagli altri);
  • il 19% si è lamentato per la frequenza delle interruzioni indesiderate;
  • l‘8% ha denunciato la mancanza della cosiddetta “visual privacy” (che non permette di mettersi al riparo dallo sguardo degli altri);
  • il 6% si è lamentato delle distrazioni visive;
  • l’1% ha avuto da ridire sul fronte della pulizia e della salubrità dell’ambiente

OPEN SPACE: PRO E CONTRO

In base a questi studi e alle diverse conclusioni a cui sono giunti, possiamo riunire, in due categorie, tutti i vantaggi e gli svantaggi connessi al lavorare in un ufficio open space. Andiamo a vedere nello specifico quali sono:

VANTAGGI

In reazione ai piccoli uffici anonimi e tutti uguali, gli open space nascono con l’obiettivo di favorire condivisione, collaborazione e scambio di idee. I vantaggi del lavorare in open space possono essere riassunti in questi 4 punti:

  1. Orizzontalità: in un ufficio senza pareti e separazioni, è più facile percepire la vicinanza tra colleghi, costruire l’integrazione e, pur mantenendo la differenza di ruoli e responsabilità, decostruire le gerarchie con un conseguente aumento della motivazione personale.
  2. Contaminazione: lavorare in uno spazio consente lo scambio tra settori e team diversi. Competenze, attività, esperienza di differenti comparti dell’azienda diventano un valore condiviso. La contaminazione di idee e competenze è alla base dell’innovazione.
  3. Socializzazione: la prossimità e la condivisione dello spazio favoriscono l’interazione e la socializzazione tra persone che lavorano in una stessa azienda. 
  4. Collaborazione: l’apertura degli spazi, favorisce un senso di fluidità e di dinamismo, le comunicazioni sono facilitate, le informazioni circolano più velocemente, così come anche le idee.  

Quando gli open space potenziano questi 4 aspetti, nell’azienda è probabile che si registri un aumento di produttività, motivazione e benessere delle persone. Se già nel 2010, secondo uno studio condotto dall’International Facility Management Association, circa il 68% delle persone lavorava in un ufficio senza muri o con divisori minimi, questa percentuale è oggi ulteriormente cresciuta.

SVANTAGGI

Ma lo scenario è poi davvero così positivo? Stando a studi e ricerche anche recenti, il gradimento degli open space da parte dei dipendenti è molto basso, e le ragioni per lamentarsi sono tante. In particolare sono segnalate queste criticità del lavoro in open space:

  • Assenza o scarsissima protezione della privacy;
  • Sovraccarico sensoriale: la condivisione di un medesimo spazio, sottopone le persone a continui stimoli sonori e visivi;
  • Difficoltà di concentrazione, facilità a perdere tempo e aumento dello stress;
  • Attriti tra colleghi: le mura separano, è vero, ma possono anche svolgere un ruolo di protezione e mediazione tra persone.

Gli open space si reggono su equilibri sottili, ecco perché una buona progettazione degli ambienti del lavoro può fare molto per limitare i contro e potenziare tutti gli aspetti positivi di un ufficio senza pareti e separazioni.

COME LAVORARE BENE NEGLI OPEN SPACE

Queste alcune utili buone pratiche sia dal punto di vista dell’azienda che della persona:

  • Lavorare in open space va bene, ma è importante che esistano sale separate e più piccole dove le persone possano fare una call, riunirsi in pochi o anche solo isolarsi per raggiungere la concentrazione necessaria.
  • Spesso si possono utilizzare strutture leggere e poco invasive, ma capaci di creare una separazione tra postazioni, utile a proteggere la privacy e a definire lo spazio personale. Per limitare le conseguenze negative del rumore si possono inoltre utilizzare pannelli fonoassorbenti.
  • Le postazioni devono essere ampie, dotate di tutti gli accessori e i complementi di arredo utili in un ufficio funzionale, confortevole ed efficiente.
  • Ciascuno deve essere dotato di un armadietto dove custodire documenti e materiale personale, di una sedia ergonomica e, possibilmente, di tutti i complementi necessari a mantenere una postura corretta.
  • Naturalmente è fondamentale che tutti si impegnino a rispettare l’altro e lo spazio condiviso. Il tono di voce, suonerie di cellulare, utilizzo dei dispositivi, qualsiasi comportamento che possa infastidire, deconcentrare o creare caos e confusione deve essere evitato.
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CONCLUSIONI

Nonostante sia nato con la più assoluta buonafede nel cercare di rendere l’ambiente di lavoro un luogo meno alienante, più coinvolgente e nel quale le persone potessero sentirsi come a casa, in realtà l’ufficio open space non si è dimostrato in grado di poter soddisfare a queste condizioni; ecco, infatti, che oggi si iniziano a pensare dei sistemi differenti di ufficio.

Gli architetti e gli addetti ai lavori propongono di optare per una soluzione ibrida, che prevede qualche piccolo “aggiustamento”. Il suggerimento è quello di puntare su stanze flessibili e postazioni modulabili, con pannelli divisori a tutela della privacy dei dipendenti. In questo modo, non sarà necessario rimettere a soqquadro l’intero edificio e si potrà restituire un po’ di serenità ai lavoratori.

Soprattutto a quelli che, con termine scientifico, vengono classificati come “highly sensitive person”ovvero persone che si fanno influenzare eccessivamente dall’ambiente esterno e che non riescono a cavare un ragno da un buco, quando percepiscono di essere osservati dagli altri.

Trattandosi di soggetti “altamente sensibili”, che prestano un’attenzione esagerata a quello che i colleghi potrebbero pensare di loro, fanno infatti una fatica immane a sopportare il carico di stress emotivo a cui sono quotidianamente esposti. E piuttosto che finire alla berlina, preferiscono rimanere inoperosi, con conseguenze catastrofiche sul fronte del rendimento e dell’autostima.

Se hai trovato interessante l’articolo e hai intenzione di rinnovare o modificare il tuo ambiente di ufficio, che sia open space o meno, non esitare a lasciare un commento alla fine dell’articolo e a farci presente le tue idee e i tuoi dubbi a riguardo!

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